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Ostetrica dell'Annunziata umilia donna durante le fasi del parto: "Non resisti al dolore"

Condivido questa lettera firmata:

“Un mese fa una mia amica ha partorito all’Annunziata, fatta ricoverare dal ginecologo di fiducia per scrupolo, è rimasta in ospedale per una settimana circa, subendo l’arroganza di alcune persone dello staff medico che le facevano pressione per farle fare l’induzione.


Dopo ben 2 induzioni fatte, con sofferenza atroce, questa donna ha deciso di non assecondare più il “volere” di queste “professioniste”, la cui umanità è stata pari a zero.

Persino l’ultimo giorno, dopo aver deciso con fermezza di volere il cesareo, l’ostetrica di turno ha fatto pressioni per convincerla a fare il parto naturale, cercando con forza di metterle le mani dentro per farle lo scollamento delle membrane. Per fortuna la mia amica ha avuto il coraggio di fare resistenza e opporsi.


Ma la cosa grave è la violenza psicologica che ha dovuto subire, sentendosi dire che con le altre l’induzione funziona, mentre con lei no perché non aveva resistenza al dolore. Cosa c’è di peggio di far sentire sbagliata una donna nel momento più difficile della sua vita? Credo nulla. Ma non finisce qui…


Una settima fa partorisce un’altra mia amica (sì, sono stata fortunata ad avere 2 parti tra le mie due migliori amiche in così poco tempo). Gravidanza bellissima, fino al giorno del parto.

E’ arrivata con già 2 cm di dilatazione, ma decidono di fare l’induzione per velocizzare il parto. A poco tempo dall’induzione la mia amica era dilatata di circa 4 cm, tutto bellissimo e invece no! Entrata in sala parto, è iniziato il calvario.


L’ostetrica di turno che le dice: “Se non collabori io me ne vado”, l’altra ostetrica alla quale la mia amica era stata affidata dalla ginecologa che aveva finito il turno se ne lava le mani, dicendo “io non la conosco”.


Finché non viene fatto entrate il marito, che la trova praticamente nuda, quasi come se non fosse cosciente, in quanto le avevano fatto l’epidurale, e quindi non riusciva a sentire le contrazioni per poter spingere e far uscire il bambino. Arrivati al momento cruciale, quando si intravede la testa ed i capelli, l’ostetrica che stava facendo partorire la mia amica se ne esce con una frase che ha dell’incredibile: “io ho finito il turno e devo andare via”.


Il marito della mia amica e lei erano increduli, essendo il loro primo figlio non pensavano mai di assistere ad una situazione del genere. Dopo questa frase il marito della mia amica insiste con l’ostetrica affinché terminasse il suo lavoro e lei ha fatto capire che se fosse stata pagata avrebbe continuato nonostante la fine del suo turno.


La nostra domanda è: è possibile che venga lasciata una donna partoriente perché il turno dell’ostetrica è finito? E’ accettabile che da parte di donne, che suppongo siano anche mamme, ci sia così poca empatia e umanità?


Per non parlare della puericultrice che alla chiamata della mamma della mia amica, che aveva bisogno di supporto per il cambio del bimbo, risponde: “Non è compito mio, questo dovete farlo voi”.


Capiamo la mancanza di personale, capiamo lo stress del personale sanitario, capiamo tutto, ma non comprendiamo il non amore per il proprio lavoro, la mancanza di professionalità, la totale assenza di empatia e di umanità. Queste cose sono inaccettabili. Non lamentiamoci poi se non si fanno figli, perché per dover superare un trauma come questo vissuto dalle mie amiche ci vorrà sicuramente del tempo. E non tutte hanno la capacità e la forza di dimenticare quanto vissuto.


Credo che sia necessario intervenire, sorvegliare e se necessario anche mandare a casa questa gente che lavora solo per portarsi lo stipendio a casa, trattando mamme e figli solo come numeri e non come persone.”

(Lettera firmata)


Il PittuloBlog

Di Eugenio Forciniti



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