Maria Mancino nata a Campobasso e residente a Imola Bologna.
Appassionata di poesia e narrativa, si aggiudica il terzo posto al concorso letterario Calabria in Versi 2022 con il racconto "Il Re di Mirto". Una breve storia che narra la bellezza sublime della Calabria attraverso gli occhi di un bambino.
Qui di seguito il racconto:
Anche oggi la sgridata non è mancata!
Ammetto che sono un tantino maldestro, ma cosa posso farci se mi piace così tanto suonare? Ho rotto le corde della chitarra di mio padre, una si è sfilata. Ma non mi sembra una cosa così grave.
Quando in casa torna la calma, io piano mi allontano e nessuno se ne accorge: mio padre ripara la chitarra e mia madre è intenta a preparare il capretto con gli spaghetti nella pancia, che a me neanche piace. Risalgo il viottolo in mezzo agli ulivi, li conto, mi piace contare gli alberi ad uno ad uno. A volte mi fermo e li osservo, altre volte li abbraccio, sono miei amici. Il loro tronco mi fa sentire calore e protezione. L’erba è alta e dritta, perché nessuno passa nel mio sentiero segreto. I fiori selvatici tremano se soffia il vento.
Quando arrivo sul colle sono un po' sudato, il sole è cocente da queste parti. Nell’aria c’è il profumo dell’origano, qualche massaia lo starà sgranando, mi verrebbe voglia di pomodori, quelli che coltiva il nonno, poi penso al capretto e mi si rivolta lo stomaco.
Prima di entrare, mi accerto che nessuno mi veda.
Nessuno mi vede! Nel mio regno non c’è che qualche lumaca, qualche lucertola e qualche pianta di cappero nelle crepe dei muri.
‒ Mio Signore, mio Re, benvenuto a corte!
Faccio un inchino sulla porta, prima di entrare, guardo verso destra, poi verso sinistra, faccio un respiro lungo e a testa alta faccio il mio ingresso.
‒ Mio Signore, mio Re desiderate qualcosa?
Faccio un cenno con il capo, un no silenzioso, un sorriso e un altro sorriso.
‒ Mi ritiro nella mia camera!
Lo comunico alla lumaca e alla lucertola, e anche alle api che si aggirano nell’aria, a una famiglia di ragni che operosamente sta costruendo casa e alla farfalla… ma appena mi vede lei vola via.
In un angolo ho tutto ciò che mi serve per stare bene. Sono un po’ solitario e mi piace ritirarmi nel castello, aspettando che a casa torni la quiete. So che qui dentro c’è stata gente che ha lottato, che si è difesa, che è morta. Per molti è inquietante, a me il mistero piace e non ho paura, perché qui c’è aria buona. Ho una fionda, che mi sono costruito io, ho i sassi che ho raccolto nei campi, uno più bello dell’altro, ho un coltellino per intagliare i bacchetti e un secchio di alluminio, che rovesciato diventa la mia batteria.
Intorno a me ci sono muri che si sgretolano e calcinacci che coprono i pavimenti, è tutto così bello. Il sole si infila dalle finestre e tutto splende.
La mia finestra preferita è al piano superiore: da lì vedo il mondo che mi piace. Il mare è verde in lontananza, sembra un campo di trifoglio. Il mare del mio mondo, mi fa navigare con gli occhi:
‒ Il mare di Crosìa è il più bel mare che ci sia! E qui mi merito un bel voto per il verso rimato!
Gli ulivi, i miei amici, guardano in lontananza, sembrano umili frati che vegliano il mare dall’alto. Sono possenti, radicati e stabili, proprio come la gente di questo posto. Le spighe di grano dondolano con il vento, sembrano capelli di fanciulle, sono come i capelli di Maria, la mia compagna di banco.
Mi sporgo un po’ di più dal davanzale e, mi ritrovo in un miscuglio di colori: il rosso e il giallo, i papaveri e il grano, poi il verde, e lo smeraldo, quello dei boschi e il colore delle ginestre sbocciate, che sono dipinte di sole. E poi i frutti che non si vedono di cui conosco il loro sapore.
Poi c’è il nero, una strada d’asfalto, rigida e fredda, dritta e scura... ma porta al mare. Allora mi rallegro e penso ai bagni estivi, nell’acqua limpida e pulita, alle mangiate in compagnia e a mio nonno che dopo pranzo, dorme sui sassolini lucenti, sotto l’ombrellone.
Non chiudo la finestra prima di andare via, nel mio regno le finestre sono sempre aperte, affinché la meraviglia entri e il profumo della campagna sommerga il tanfo della muffa che la finestra chiusa trattiene in camera. È colpa dell’umidità , sono giorni che il sole non si fa vedere. Il cielo è un manto di asfalto liquido che ti piove addosso senza pioggia. Ma non è autunno, è solo afa.
Spalanco la finestra con forza, con rabbia, con nostalgia e vedo un altro muro e sento il cielo che grida, ma il cielo è muto, sono i rumori delle macchine ad urlare.
In questa camera ho tutto quello che mi serve: una chitarra, una candela profumata, un quadro colorato e un quaderno dove scrivere note e appunti. In questa città ho un lavoro, forse un avvenire, qualche amico e un po' di pane buono in freezer.
Torno ad affacciarmi, stavolta senza rabbia e sento il mare, come se ogni onda mi stesse chiamando a sé e sento i profumi onesti che mi inondano, prima le narici, poi il cuore. A occhi chiusi, rovescio un miscuglio di colori che cola dal nord al sud. Una scia che scorre, fino a portarmi nel mio castello, che si erge maestoso sulle colline di Mirto.
‒ Mio Signore, mio Re desiderate qualcosa?
Faccio cenno con il capo, un no silenzioso, un sorriso e poi un altro sorriso."
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